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Antonio Amoretti


Antonio Amoretti nasce l'undici settembre

1927, nel 1943 aveva sedici anni. Diplomatosi perito aziendale, attualmente è un consulente presso il Tribunale per l'infortunistica stradale. Ecco la sua testimonianza. All'epoca vivevo in via Cristallini con la famiglia composta dai miei genitori, tre fratelli e una sorella della nonna con il marito. Mio padre era un ispettore dell'azienda tranviaria. Con noi abitavano anche due sbandati, un maresciallo della Forestale in servizio a Pozzuoli, cugino di mio padre, ed un altro paesano, del Cilento, che non riusciva a tornare a casa. C'erano anche un padre e un figlio ebrei, che, poiché in casa non c'era spazio a sufficienza, dormivano al piano di sopra e che "non mangiavano" con l'intera famiglia Amoretti. Per comprendere le Quattro Giornate, si deve ricordare che a Napoli c'era un grande movimento antifascista militante.

Bisogna però distinguere tra antifascisti dichiarati o militanti, che potevano andare al confino o che rischiavano di essere arrestati preventivamente e antifascisti non militanti, che volevano vivere tranquilli, ma che non avevano mai aderito al fascismo. Mio padre era uno di questi: si era iscritto al Fascio nel Cilento per quieto vivere, ma i fascisti sapevano quali erano le sue idee. A casa mia, anche se non eravamo militanti, si respirava un'aria antifascista. Io ero studente ma nel '42 le scuole furono bombardate e poi chiuse, così andai a lavorare, prima come giornaliero al Parker's, poi in un ente pubblico. L'antifascismo militante attivo attendeva il momento propizio all'azione, e, quando arrivò il moto di rivolta spontaneo, lo colse e lo organizzò.

Il colonnello Scholl impose, con un suo bando, il lavoro obbligatorio. Si sarebbero dovuti presentare all'appello almeno trentamila uomini ma, se ne presentarono solo centocinquanta, questo dimostra che l'insurrezione era già pronta. Le Quattro Giornate sono state fin dall'inizio

"criminalizzate". Hanno cercato di sminuirle e lo dimostra già una fotografia scattata dagli americani ad un ragazzo con al collo una mitragliatrice. Gli americani hanno trovato conveniente dare questa versione e cioè che la città è stata liberata dagli scugnizzi. Non è vero: c'erano persone di tutte le classi sociali. Bisogna, infatti, porre l'accento sul carattere unitario e nazionale delle

Quattro Giornate. Parteciparono, tra gli altri, anche Francesco Pintore, vigile del fuoco sardo, che era a Napoli per delle gare e che si distinse in numerose azioni. C'erano poi Stefano Fadda, un altro sardo, che aveva il comando di Piazza Trieste e Trento, Federico Zvab, ex combattente volontario nella guerra di Spagna, Ciccio Lanza, dentista del Cilento. La verità sta nel mezzo, senza l'antifascismo militante che diede la spinta e la guida al moto popolare, le Quattro Giornate non avrebbero avuto un esito così positivo, ma fondamentale per il successo dell'insurrezione fu il ruolo dei napoletani tutti, inclusi donne e ragazzi, che combatterono valorosamente. Le barricate assunsero un significato partico-lare, poiché da difendere ad oltranza, c'era la propria casa. Quando Nanni Loy ha girato il film Le quattro giornate di Napoli, molti episodi glieli abbiamo raccontati noi, infatti, quando vedo il film, anche se l'ho visto tantissime volte, ancora mi commuovo, rispecchia molto la realtà dei fatti. Io sono stato scelto come testimone per il sud di quegli anni, da un'équipe cinematografica tedesca che ha voluto ricostruire quegli eventi con gli uomini di allora, poiché i tedeschi di oggi, giovani ma anche adulti, non sanno quel che accadde realmente in quel periodo.

Molte cose gli storici non le raccontano perché ricostruiscono la storia dai documenti, ma purtroppo, tanti episodi dai documenti non emergono, episodi importanti che possono venir fuori solo dalle testimonianze orali. Adolfo Pansini mori alla Masseria Pezzalonga, nei pressi di Via Paisiello, li c'era un lungo viale con un cancello che immetteva proprio nella masseria. Accanto a Pansini fu colpito il marinaio Antonino Arena, lui fu immobilizzato da due fascisti e sventrato da un tedesco. Il padre di Pansini, un mazziniano, aveva un tempo fondato una rivista. Dopo le Quattro Giornate il professor Pansini voleva organizzare un gruppo di patrioti per continuare, al seguito degli alleati, la lotta contro i tedeschi. Il gruppo era arrivato a trecentoventi unità ed era dotato d'armi, ma gli alleati non vollero accettarci. Fu chiesto allora al governo italiano di organizzare un corpo di spedizione con tanto di stellette, ma anche il governo diede picche. Gaime Pintor, fratello di Luigi, aveva combattuto a Porta S. Paolo a Roma l'otto settembre contro i tedeschi ed era venuto a Napoli proprio per costituire questo corpo di spedizione, qui, però, trovò il diniego sia degli americani che degli italiani. Sulla via del ritorno, incontrò nei pressi di Isernia, una pattuglia di tedeschi, per fuggire si lanciò in campo che però era minato, saltò in aria.

A differenza di quel che si dice, a settembre i tedeschi non erano in ritirata, anzi tentarono di riconquistare la città di Napoli. Io abitavo in una casa da cui si vedeva il ponte della Sanità. Nel mio quartiere a dirigere le operazioni c'era un ufficiale disertore, fu lui che organizzò le nostre barricate. Anche se in soli quattro giorni, ci fu data una struttura e un'organizzazione militare. Ricordo che una volta, in una pausa dai combattimenti, tornai a casa, e, poiché solitamente Avevo tanta fame, mangiavo quel che trovavo, anche il pane di un anno prima, tagliavo la muffa verde e ne mangiavo il resto, a volte mangiavo fasci di sedano quando li trovavo, quella volta trovai del latte condensato. Ad un tratto, vidi da casa mia quattro carri armati seguiti da una fanteria, la cui presenza dimostrava che c'era la volontà di riconquistare la città, nodo nevralgico per le comunicazioni tra il nord e il sud del paese. Corsi subito a dare l'allarme. Il tentativo di riconquistare la città mi fu riconfermato da una giornalista tedesca: Hitler voleva conquistare Napoli per contrastare l'avanzata degli alleati.

Tanti ancora sono gli episodi che potrei rac-contare, come quello in cui Aurelio Spoto riusci a salvare l'acquedotto di Capodimonte sgominando i guastatori, oppure quando Maddalena Cerasuolo contrastò i guastatori che volevano far saltare il ponte della Sanità. Le Quattro Giornate hanno avuto un valore importantissimo per tutto il Paese, infatti, Giancarlo Pajetta mi disse che la liberazione di Napoli incoraggiò anche gli antifascisti che combattevano al nord, se i napoletani avevano sconfitto i tedeschi, era possibile respingerli anche nel resto d'Italia. Sui testi scolastici ci sono troppe omissioni sulla storia dell'antifascismo e credo che spesso siano volontarie.

Ricordate ragazzi, l'uomo senza memoria non è nulla e non fa nulla.

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