LE QUATTRO GIORNATE
ADOLFO PANSINI COMPIE 100 ANNI
Chi era Adolfo Pansini
a cura del prof. Gennaro Palma
VERBALE Dl PERQUISIZIONE DOMICILIARE
25 maggio 1940
L’anno 1940 XVIII° il giorno 25 del mese di maggio alle ore 7 in Napoli.
Noi sottoscritti verbalizzanti appartenenti alla R. Questura di Napoli – Ufficio Politico – facciamo noto con il presente verbale che per ordine superiore ci siamo recati in via Filippo Palizzi 15 presso l’abitazione di PANSINI AdoIfo di Eduardo e di Greco Rosaria, nato a Napoli (Vomero) il 14-5-1923, ove i n presenza del padre a nome Eduardo fu Adolfo e di D’Urso Grazia, nato a Piazza A rmerina (Caltanisetta) il 22 agosto 1886, abbiamo operato perquisizione domiciliare e personale allo scopo di rinvenire armi non denunziate e scritti di carattere sovversivo.
La perquisizione ha avuto esito positivo; in quanto abbiamo rinvenuto e sequestrato i sottoelencati oggetti:
1°) Una stampiglia composta con caratteri grandi con la dicitura “ A morte il Duce “;
2°) Una matita per pittore color nera ;
3°) Alcuni foglietti già stampati con la scritta “ A morte il Duce “;
4°) Diversa carta e buste di cui il Pansini Adolfo si serviva per la stampigliatura dei noti manifesti e relativa spedizione ;
5°) Una macchina da scrivere “ Remington “ N.° L. Z. 42.659 ;
6°) Diversi fogli di carta carbone ;
7°) N. 2 rivoltelle a tamburo a sei camere; una con canna normale e l’altra con canna lunga tipo antico ;
8°) N. 4 Pugnali da Ardito ; (Armi non denunziate )
Del che si è redatto il presente verbale che previa lettura e conferma viene sottoscritto.
Di Maria Oreste Guardia di P. S.
Giangai Giovanni Guardia di P. S.
Casamassima Leonardo V. Brig. di P. S.
Craus Luigi M.llo Di P. S.
Dr. Gustavo Rossi per convalida
Napoli, 19 - 7 - 1940 - XVIII.
N. 1032578 Pol. Pol Al Presidente
Riservata raccomandata del Tribunale dei minorenni
Urgente N A P O L I
LA MAGISTRATURA AL SERVIZIO DEL FASCISMO
L’ORDINE AL GIUDICE
Oggetto : PANSINI Adolfo di Eduardo e di Greco Rosaria, nato Napoli il 14- 5-1923,
domiciliato in Via Filippo Palizzi N. 15 -studente
Nel corso di accertamenti testè compiuti da questo Ufficio, (A) è risultato che il minore in oggetto, assieme ad altri coetanei, aveva iniziato una associazione a sfondo nettamente antifascista la quale esplicava la sua attività con diffusione in pubblico, specie nel rione Vomero, di foglietti stampigliati recanti le scritte: “ Morte a Mussolini “ - “ A morte il Duce “ - “Arruolati nei nazionalisti” .
Particolarmente il Pansini deve ritenersi uno dei principali responsabili del movimento di cui sopra, per avere, oltre che ideato e coordinato la attività antifascista, fornito materiale per la propaganda. Infatti, operata una accurata perquisizione al suo domicilio all’atto del fermo, fu trovato in possesso: di una stampiglia costituita da caratteri tipografici di piombo in modo da formare la scritta: “A morte il Duce “, nonché di numerosi fogliettini già stampigliati che evidentemente si accingeva a diffondere. Il predetto, che non ha precedenti, frequenta il III Corso del Liceo Artistico. E’ iscritto alla GIL. Il di lui padre, artista pittore, proprietario di una tipografia, benestante, non iscritto al P. N. F. , da questi atti risulta di sentimenti non favorevoli al Regime. (B) Essendosi, per quanto sopra, il predetto Pansini Adolfo rivelato discolo, pericoloso per l’ordine politico, lo si denunzia ai sensi dell’art. 177 e 178 del T. U. Leggi di P. S., affinché sia disposto il di lui ricovero in un istituto correzionale, avendo il genitore - che nulla ha fatto per ovviare alla illecita attività del figlio – dato patente prova di gravissimo difetto di vigilanza nei confronti del minore, sì da dimostrare di non essere in grado di provvedere alla educazione dello stesso. Il superiore Ministero, all’uopo interessato, ha determinato la denunzia di che trattasi con riserva di adottare a carico del Pansini, al compimento del 18° anno di età, opportuni provvedimenti di Polizia. Si fa presente che il Pansini trovasi ristretto nelle Carceri per minori di S.Eframo a disposizione di quest’Ufficio, in attesa della ordinanza di ricovero.
IL QUESTORE
firmato P a s t o r e
Dal 27 settembre al 1° ottobre 1943 si svolse a Napoli quello che può essere considerato il primo atto della Resistenza in Italia,la prima espressione di una presa di coscienza antifascista da parte dell’intera popolazione.
Tra l’otto settembre,giorno dell’armistizio,e il 10 settembre,data dello sbarco alleato a Salerno,Napoli passò sotto il potere civile e militare tedesco.
La città occupata non reagì però con la rassegnazione che è uno degli aspetti della “napoletanità”,ma con un altro suo aspetto,più inedito,sebbene altrettanto autentico:quello della sfida,che,a volte derisoria,a volte aggressiva,nasce spesso nel napoletano di fronte al potere rigido e ottuso.
Così i sintomi della rivolta si manifestarono in episodi d’intolleranza verso i tedeschi fin dai giorni immediatamente seguenti l’armistizio;ma il motivo per cui la reazione spontanea del singolo o di un piccolo gruppo divenne invece ribellione di una città è da ricercare forse proprio nell’insensatezza e nella bestialità di certe ordinanze che autorizzando le rappresaglie e i rastrellamenti,tentavano inutilmente di mettere in ginocchio un’intera città.
La lotta durò quattro giorni ed ebbe come teatro le strade di Napoli e come protagonisti scugnizzi e studenti,soldati,operai e intellettuali:insomma un popolo unito che dietro le barricate combatteva una lotta comune.
I tedeschi che già avevano cominciato la ritirata diretti verso il Volturno,nella notte del 30 settembre lasciavano definitivamente la città e la guerriglia continuava solo contro reparti di guastatori tedeschi.
La lotta era stata vittoriosa,ma era costata più di 150 morti e varie centinaia di feriti.
I dati diventano però una cosa arida,se non si ricorda che ad ogni nome inciso su una lapide corrisponde una vita stroncata nel suo momento più vitale,un contributo umano che la morte ci ha sottratto per sempre,una mancata possibilità di azione e d’incidenza sulla società.
Pure quei giovani che,nelle giornate di settembre del ’43,lottarono nelle strade di Napoli,non esitarono di fronte alla morte;e ciò che li spinse fu l’odio contro il sistema di repressione e d’intolleranza che i tedeschi rappresentavano,e quindi il desiderio di ricostruire un mondo in cui l’uomo ritrovato il sentimento della propria dignità,avrebbe potuto progredire sulla strada delle conquiste civili.
Per questo,per dare un nome al nostro liceo,è stato scelto il nome di uno di loro,come simbolo di una gioventù che in un momento tragico della storia del nostro paese seppe trovare in se stessa la forza per riscattare certe vergogne e per una nuova svolta della storia nazionale.
Il nome di Adolfo Pansini è citato in tutte le cronache delle “quattro giornate”e la sua partecipazione alla lotta non è certo casuale.
Educato in un clima antifascista dal padre Eduardo,importante artista e intellettuale napoletano che sarà poi uno dei comandanti del”Fronte unico delle quattro giornate”,non ha ancora diciassette anni quando inizia la pubblicazione di un giornaletto antifascista,a cui collaborano pochi amici coraggiosi.Scoperti dopo circa un anno,i ragazzi pagano con otto mesi di carcere la loro audacia.Adolfo ,come gli altri,esce di prigione con una forte determinazione di combattere la dittatura fascista.
E l’occasione si presenta ben presto:le “quattro giornate”sono per lui,come per molti altri,il momento da cui iniziare l’opera di ricostruzione di una società,i cui fondamentali valori sono stati sommersi dalla brutalità della dittatura e dalla guerra.Il 30 settembre,alle ore 16.30,in una località vomerese,la masseria Pezzalonga,dove si svolgono gli ultimi combattimenti contro le poche truppe tedesche rimaste in città,Adolfo Pansini cade crivellato dai colpi di un mitra tedesco.
Pure il 30 settembre era sembrata ,all’inizio,una giornata tranquilla. nvece,all’improvviso,da un edificio situato al lato del ponte della Pigna alcuni tedeschi aprono il fuoco con una mitragliatrice.I partigiani per non operare allo scoperto si dirigono verso un grosso cascinale,”la masseria Pezzalonga”.Ma fin dall’inizio il combattimento si rivela difficile:da un lato una schiera di giovani,armati soltanto di fucili e scarse munizioni,dall’altro i tedeschi forniti di armi automatiche e in condizioni di superiorità numerica e logistica. Adolfo Pansini e un altro partigiano tagliano i cavi telefonici che corrono lungo la masseria per impedire che i tedeschi possano ricevere altri rinforzi.Ma,nonostante ciò,la situazione precipita egualmente quando i tedeschi,procuratosi una scala a pioli,scavalcano il muro di cinta del cascinale e iniziano un aggiramento a largo raggio.Resistere è ormai un volere sfidare la morte.Ed è ciò che ha fatto Adolfo Pansini in quel giorno del settembre del ‘43.I bossoli di fucile ritrovati intorno a lui indicano che fino all’ultimo ha sparato contro il nemico e che neppure per un attimo ha pensato di mettersi in salvo.
La sua salma viene trasportata al liceo Sannazaro,diventato il quartier generale dei partigiani e che è anche la scuola in cui lui,Adolfo,ha studiato.Il padre Eduardo,comandante dei partigiani del Vomero assieme al prof.Tarsia in Curia e al cap. Stimolo,pronuncia una memorabile orazione funebre,in cui invita la cittadinanza tutta a continuare la lotta al nazifascismo per riaffermare i valori della democrazia e dare un senso al sacrificio di quelle giovani vite.
A venti anni Adolfo Pansini ha concluso il ciclo della sua esistenza.​